L’arte dell’improvvisazione in musica e nella vita
Premessa: sono un grande appassionato di musica e sono convinto che la musica ci dia spesso insegnamenti e metafore utili per la nostra crescita personale.
L’idea di questo articolo nasce dalla mia esperienza personale come chitarrista amatoriale, che da qualche tempo ama sempre di più l’affascinante mondo dell’improvvisazione e si sente arricchito ogni volta che la sperimenta. Perciò mi sono chiesto quali fossero gli elementi dell’improvvisazione che la rendono un’arte così unica e intrigante, e facendo questa riflessione mi è venuto spontaneo un possibile parallelismo tra l’improvvisazione in musica e nella vita in generale.
Iniziamo con il dire che in alcuni generi musicali, in particolare il jazz e il blues, l’improvvisazione è parte integrante del linguaggio musicale e dell’esecuzione dei brani, soprattutto dal vivo. E’ quindi sempre prevista nel bagaglio artistico di questi musicisti, che la sviluppano fino a farla diventare il marchio distintivo del loro stile espressivo (così quando la gente li sente capisce immediatamente che sta ascoltando “la tromba di Miles”, “il sax di Coltrane”, o “Lucille” la chitarra di B.B. King).
Cosa significa in fondo improvvisare?
Improvvisare significa creare una melodia mentre si sta suonando, ossia nel qui e ora di quello specifico momento: risulterà pertanto una melodia impermanente, fatta di note e pause che si susseguono l’una dopo l’altra fino a svanire, come gli attimi che scorrono uno dentro l’altro, anziché la ripetizione di qualcosa di già noto.
Per improvvisare bisogna lasciare le certezze assolute date da una composizione prestabilita per avventurarsi in un territorio parzialmente inesplorato, che ha ogni volta sfumature differenti a seconda dell’ispirazione di chi suona. L’improvvisazione è in fondo “l’arte dell’istante“.
Ma attenzione! Improvvisazione non equivale affatto a casualità o approssimazione, anzi necessita di studio approfondito prima di poter risultare gradevole ed efficace in relazione al contesto in cui si sta suonando. Pensiamo ad esempio alle conoscenze basilari dell’armonia: concetti di tonalità, modi, scale, movimenti di tensione e risoluzione, ecc… Tutto questo materiale costituisce il vocabolario fondamentale per esprimersi attraverso il linguaggio dell’improvvisazione e risultare comprensibili, o quantomeno ascoltabili senza far venire mal di testa.
In sostanza, esistono delle regole essenziali da conoscere, a partire dalle quali si può costruire il proprio personale linguaggio espressivo, che migliora gradualmente via via che si fa pratica – e qui mi riecheggia nella mente la massima zen: “Maestro, come si arriva all’illuminazione? Camminando!”.
Una volta assimilate le regole, ci si può prendere ogni tanto la libertà di infrangerle per spingersi in territori nuovi e sperimentare modalità di comunicazione alternative, purché lo si faccia in modo consapevole: è questo che fa la differenza.
Dunque, potremmo dire che per improvvisare efficacemente servono sia conoscenza che istinto: la mente e il cuore si alleano nell’espressione libera e consapevole di ciò che nasce in quello specifico momento, da quella persona, in quel luogo.
Si può improvvisare nella vita?
A questo punto propongo un parallelismo tra l’arte dell’improvvisazione in musica e nelle situazioni della nostra vita.
Se ci riflettiamo, un insegnamento comune a molte scuole di pensiero, vie sapienziali e modelli psicologici tra oriente e occidente risuona chiaramente con i concetti di cui ho parlato in precedenza riguardo all’improvvisazione in musica: c’è un accordo (non a caso un termine musicale) di fondo nel riconoscere un valore fondamentale alla capacità di essere pienamente presenti nel momento in cui ci si trova, liberi dai condizionamenti e in ascolto con tutti i sensi di cui siamo forniti. In questo modo, infatti, possiamo agire creativamente nella situazione attuale per dire e fare ciò che sentiamo essere più appropriato per noi stessi e per le persone con cui eventualmente la condividiamo.
Come nell’improvvisazione musicale viene convogliato il bagaglio di conoscenze del musicista, anche nell’improvvisazione applicata alle situazioni della vita portiamo con noi il bagaglio delle esperienze passate – felici o meno, nelle loro componenti sia cognitive che emotive – da utilizzare come indicatori di confini e cornici di riferimento per avere consapevolezza del territorio nel quale ci muoviamo e degli effetti delle nostre parole e azioni…quello che la saggezza popolare chiama “fare tesoro delle esperienze”. Partendo da questo approccio, si può agire tuffandosi consapevolmente in ogni istante ed esprimendo se stessi in modo originale, libero e creativo. In questo modo ogni gesto e ogni parola divengono gocce di espressione spontanea che sgorgano dalla fonte del nostro sé.
Altri due elementi correlati alla visione e alla pratica “improvvisativa”, a mio avviso utili per la crescita personale, sono i seguenti:
– Per improvvisare è necessario abbandonare una visione rigida e immutabile di se stessi, il famoso “carattere”, e accettare la propria natura sfaccettata e mutevole. Allora possiamo scoprire di non essere necessariamente “fatti così”, ma di avere molte più potenzialità da esplorare nel nostro modo di essere.
– Improvvisare porta ad accettare anche errori e imperfezioni, che sono umanamente ineludibili, evitando la trappola dell’ossessività e del perfezionismo che ci priva di spontaneità e di slancio comunicativo.
In sintesi: improvvisare significa sperimentare consapevolmente un’espressione autentica di sé che, tenendo conto del contesto in cui ci troviamo, nasce e si sviluppa nell’immediatezza della dimensione del presente, l’unica reale in cui possiamo vivere.
L’invito è dunque quello di provare a conoscere sempre più a fondo l’armonia che compone noi stessi e il mondo in cui viviamo, per creare melodie personali fatte di soavi consonanze e ardite sperimentazioni…attimo dopo attimo dopo attimo…