valore del limite

Un paziente che seguo da qualche mese, approdato in psicoterapia per una depressione con componenti ossessive causata da una grave truffa che ha subito, mi ha recentemente offerto una sua riflessione sulla scoperta del valore del limite, che trovo molto interessante e che quindi ho voluto condividere per renderla uno stimolo generalizzato.

Questa persona, prima dell’esperienza traumatica in cui è incappato, aveva sempre affrontato la vita in modo impulsivo, “all’avventura”, lanciandosi letteralmente nelle situazioni che gli si presentavano, anche quelle ignote o potenzialmente pericolose, senza considerare le conseguenze delle sue azioni e, soprattutto, senza immaginare di avere dei limiti di alcun tipo. Adesso, dopo qualche mese di percorso e di elaborazione del trauma, afferma di essere giunto alla consapevolezza, per lui totalmente nuova, di avere dei limiti e che questi limiti hanno addirittura un valore, ad esempio per evitare situazioni come quella in cui si è fatto ingenuamente incastrare. Così, con un tono a metà tra l’amarezza per il disincanto e la consolazione di una scoperta utile, mi dice che, dopo la batosta che ha preso, non affronterà più la vita con la sfrontatezza di prima, perché ora si è reso conto di non essere invulnerabile.

Al di là dello sfortunato caso specifico, vorrei trarre da questa testimonianza una riflessione di portata più ampia sul valore del limite in vari ambiti della nostra vita.
Il limite è talmente intrinseco in noi da definire le condizioni di base del nostro esistere: rappresenta il confine della nostra identità e, quindi, della nostra possibilità di entrare in relazione con gli altri. Senza limiti non potremmo definire ciò che sono io e ciò che è altro da me, e finiremmo per trovarci in un miscuglio caotico indistinto dove è difficile orientarsi.

In primis, il limite esiste a livello fisico grazie all’organo della pelle, che è allo stesso tempo ciò che ci separa dal mondo rendendoci individui e ciò che ci permette di entrare in contatto con il mondo percependo le varie sensazioni (non a caso lo psicoanalista Anzieu ha parlato di “Io-pelle”). Poi, consideriamo che ciascuno dei nostri sensi funziona all’interno di un range ben delimitato: la vista in una gamma di frequenze che per il nostro cervello diventano i colori; l’udito con intervalli di suoni udibili e distinguibili, e così via per il tatto, il gusto e l’olfatto. Infine, a livello emotivo e cognitivo il limite permette una comunicazione assertiva – una via di mezzo tra passività e aggressività –, favorendo uno scambio efficace con gli altri, all’insegna del rispetto di noi stessi e delle persone con cui ci relazioniamo, che sappiamo vanno di pari passo.

È certamente vero che esistono anche dei limiti, che ci vengono imposti dall’esterno o che ci auto imponiamo, che ci privano della possibilità di sperimentare nuove esperienze e conseguentemente di crescere. Questi sono limiti che se vogliamo evolvere dobbiamo provare a superare, semplicemente perché non hanno un senso effettivo, ma sono solo vincoli educativi appresi, introietti e costruzioni ideologiche o culturali. Perciò, è importante ogni volta cercare di distinguere questi limiti che sono solo un freno e un ostacolo allo sviluppo del nostro potenziale, dai limiti che tratteggiano i confini del sentiero del nostro cammino, senza i quali vagheremmo dispersi rischiando di cadere in ogni crepaccio che incontriamo.
Un modo per allenare questa facoltà di discernimento può essere chiederci se quello specifico limite abbia o meno un senso interno anziché un criterio esterno, ossia ci aiuti a identificare chi siamo e che direzione vogliamo seguire nel nostro percorso esistenziale.

D’altro canto, non dimentichiamo che il limite, inteso anche semplicemente in termini quantitativi, è fondamentale per evitare che perfino qualcosa di necessario per la sopravvivenza come l’acqua diventi dannoso. Oppure, che un’esperienza piacevole sfoci in qualcosa di noioso o deleterio per la salute: ad esempio pensiamo al mangiare, fare qualsiasi attività sportiva o di movimento… come dicevano le nostre nonne con un’espressione colorita di saggezza popolare: “il troppo stroppia”.

Per usare una metafora più evocativa, proviamo ad immaginare di dipingere un quadro senza avere una tela con dei confini delineati: sarebbe semplicemente impossibile rappresentare qualcosa che abbia una forma, seppure astratta. A prescindere dalle dimensioni della tela, o della parete se preferite, ad un certo punto devono esserci dei limiti perché l’opera d’arte acquisisca un senso…a meno di voler dipingere nell’aria.
Rimanendo nell’ambito artistico, che senso può avere un blocco di marmo illimitato e indistinto, quando non viene scavato del superfluo dalla mano esperta dello scultore che ne ricavi una statua ben delimitata da confini che ne esaltino le forme?
O ancora, i limiti funzionali sono come il semaforo verde e rosso, necessari per attraversare una strada e fermarsi senza rischiare di danneggiare se stessi o gli altri. Sono il paracadute che ci permette di lanciarci da un aereo e sperimentare l’ebbrezza del volo.

Dunque, come ha imparato purtroppo a sue spese il mio paziente, non considerare di avere dei limiti e agire esclusivamente d’impulso crea una sensazione di onnipotenza che è oggettivamente illusoria, quando non pericolosa.
Ma, come abbiamo visto poc’anzi, invece di accettare con rassegnazione i propri limiti, si può comprenderne il valore e perfino vederli come una guida. Allora potranno diventare uno stimolo di crescita e cambiamento, ridefinendo via via direzione e modalità della nostra traiettoria esistenziale.
Se ci riflettiamo in modo più approfondito, sono proprio i limiti che abbiamo, per natura o per scelta consapevole, a darci le possibilità di essere, conoscere il mondo ed esprimerci appieno. Infatti, essere liberi non significa affatto sentirsi onnipotenti, ma darsi il permesso di scegliere cosa sperimentare e come agire all’interno della nostra natura finita, tenendo in considerazione le conseguenze delle nostre azioni. Perché non dimentichiamo che non c’è reale libertà senza responsabilità.

Potremmo concludere questa riflessione affermando che il limite è confine di senso e motore di possibilità. Senza consapevolezza dei propri limiti non possono esserci una vera consapevolezza di sé e una sana relazione con gli altri: ecco quante è fondamentale conoscere e praticare il valore del limite.