La centratura in se stessi: restare saldi nel vento

Ancora una volta è un paziente ad offrire a me e di conseguenza ai lettori del blog uno spunto di riflessione interessante, da approfondire e riproporre in chiave generale.
La persona in questione si è trovata ad un certo punto del percorso a riconoscere e affermare spontaneamente: “Insomma, ho bisogno di centrarmi in me stesso“.

A questa significativa conclusione è arrivato sulla scorta delle esperienze relazionali vissute e analizzate insieme, in cui si è reso conto che si è fatto condizionare al punto da far dipendere dall’andamento delle stesse il proprio benessere, il proprio umore e il proprio livello di energia e motivazione quotidiano. Per cui, ingredienti essenziali per la sua qualità di vita dipendevano in buona parte da elementi provenienti dall’esterno, ad esempio da azioni o atteggiamenti delle persone che frequentava.
Dopo averci pensato un attimo, ha poi proseguito la riflessione dicendo che però se l’alternativa è diventare freddo, cinico e inscalfibile come un robot, anche se vivrebbe con maggiore tranquillità, sente che gli mancherebbe quel coinvolgimento che ha definito “il sale della vita”.

A questo punto si è un po’ arenato, come se dalla sua prospettiva non vedesse che queste due alternative: totalmente immerso nelle esperienze col rischio di farsi travolgere, oppure più sereno ma freddo e distaccato. In sostanza, la scelta sarebbe tra immergersi nel mare e lasciarsi travolgere dalle onde oppure stare davanti ad una distesa di acqua calma e rassicurante quanto povera di stimoli. Non è strano questo, perché spesso chi si trova in una delle due posizioni estreme vede come alternativa solo quella opposta e non trova altre strade percorribili.

Allora lo ho stimolato, tramite una metafora, a considerare la possibilità che essere più centrati e meno in balia degli eventi esterni non significhi necessariamente rassegnarsi a noia e piattume.
Immaginiamo di trovarci in un luogo meraviglioso che vorremmo ammirare, ma dove soffia un vento talmente forte da poterci spazzare via. Abbiamo almeno tre alternative:
– andare al chiuso per ripararci dal vento, perdendoci però l’intensità dello spettacolo;
– rimanere in mezzo alla tempesta, godendoci appieno il paesaggio ma lasciandoci trascinare via;
– trovare un sostegno a cui reggerci, in modo da sentire il vento sulla pelle e poter osservare il panorama senza farci travolgere.

La terza possibilità corrisponde alla centratura in se stessi. Essa permette di trovare proprio dentro di sé quel sostegno, quel radicamento di fondo che ci consente di vivere le situazioni e le emozioni che esse ci suscitano senza esserne travolti.
La possiamo paragonare anche all’albero maestro nella barca a vela: è proprio grazie alla sua solidità che le vele che sostiene possono fluttuare liberamente nel vento senza che la barca vada alla deriva o affondi.
La centratura ha varie componenti: sicuramente richiede una solida base di consapevolezza corporea, emotiva e cognitiva; alla quale aggiungere una buona dose di coraggio e forza interiore, amalgamati da un ingrediente essenziale che è la cura di sé.

A questo discorso si collega quindi la riflessione sul tema della solitudine: come il mio paziente, molte persone si sentono a disagio in questa condizione e cercano tutti i modi possibili per evitarla, spesso semplicemente riempiendo il tempo di cose e persone senza scopi precisi. Stare da soli li terrorizza a tal punto che qualsiasi compagnia è preferibile, anche se rappresenta un mero riempitivo momentaneo di un vuoto più profondo.
Come scrive Saramago: “La solitudine non è vivere da soli, la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che sta dentro di noi, la solitudine non è un albero in mezzo a una pianura dove ci sia solo lui, è la distanza tra la linfa profonda e la corteccia, tra la foglia e la radice”.
Perciò, per raggiungere una sufficiente centratura interiore, che come abbiamo visto ci consente di attraversare i moti interni ed esterni connessi alle esperienze senza perderci, è fondamentale coltivare la  capacità di stare da soli…o sarebbe meglio dire in compagnia di se stessi.

Tornando al tema iniziale, credo che una riflessione sull’importanza della centratura in se stessi possa essere utile sia per chi ritiene di essere centrato solo perché evita di farsi coinvolgere emotivamente, rimanendo di fatto su un piano parzialmente distante dalla vita vissuta pienamente; sia per chi teme che se non si facesse trasportare da tutto quello che prova rischierebbe di avere una vita scialba e insignificante.
Ricordiamoci, quindi, che la vera centratura non è mero distacco né indifferenza, ma è restare saldi nel vento.