Io e Tu: la "preghiera" della Gestalt rivisitata
La cosiddetta “preghiera” della Gestalt nella formulazione di Fritz Perls recita così:
“Io sono io. Tu sei tu.
Io non sono al mondo per soddisfare le tue aspettative.
Tu non sei al mondo per soddisfare le mie aspettative.
Io faccio la mia cosa. Tu fai la tua cosa.
Se ci incontreremo sarà bellissimo;
altrimenti non ci sarà stato niente da fare.”
Pur apprezzando il valore e il senso del messaggio di Perls, personalmente mi riconosco solo nella prima parte, mentre vedo la conclusione un po’ limitante.
Infatti, ritengo fondamentale essere consapevoli di quello che siamo e accettarlo profondamente, senza snaturarci per assomigliare a un’immagine o a un modello trasmessoci più o meno esplicitamente da qualcun altro, chiunque esso sia. Di converso, è altrettanto importante accettare che l’altro sia come è, rispettare la sua alterità e non pretendere che sia corrispondente alle nostre aspettative e proiezioni.
Tuttavia, quando si entra nel territorio della relazione, si può correre il rischio di andare oltre questo pur necessario punto di partenza. Nell’incontro intimo di un “io” con un “tu” si può consapevolmente cedere un po’ rispetto alle roccaforti in cui abitiamo solitamente, per andare verso l’altro. Dunque, non credo che ci troviamo di fronte ad una alternativa tra un casuale incrocio felice e uno scontro frontale tra due armate irriducibili, ovviamente da evitare; ma ritengo possibile una “terza via”: scegliere consapevolmente di sperimentare nuove modalità di essere, che non siano in contrasto con la nostra essenza autentica, ma che ci permettano di fare un passo l’uno verso l’altro. Così facendo, entriamo in un terreno più incerto, meno familiare, ma aperto all’esperienza di nuove scoperte su di noi e i nostri modi di essere, allarghiamo il nostro orizzonte e, soprattutto, ci tuffiamo in quella danza ineffabile e meravigliosa che si crea nell’incontro tra “io” e “tu”.